Ricorso  per  questione  di  legittimita' costituzionale proposto
dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona  del  presidente
"pro-tempore"  della  giunta  regionale, giusta delibera della giunta
regionale  28 dicembre 2000. n. 4140, rappresentata e difesa, come da
mandato  a  margine  del  presente  atto,  dagli  avv.ti  prof. Mario
Bertolissi di Padova e Luigi Manzi di Roma, elettivamente domiciliata
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via F. Confalonieri n. 5.
    Contro  la  Presidenza  del Consiglio dei ministri in persona del
Presidente  "pro-tempore" del Consiglio dei ministri, rappresentata e
difesa  "ex  lege"  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato, per la
declaratoria  di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1 -
la'  dove,  in sede di conversione del decreto-legge 12 ottobre 2000,
n. 279,  inserisce,  dopo  l'art. 1, l'art. 1-bis (recante "procedura
per l'adozione dei progetti di piani stralcio") - e dell'art. 2 della
legge  11 dicembre  2000,  n. 365,  di  "conversione  in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge  12  ottobre 2000, n. 279, recante
interventi  urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della
Regione   Calabria  danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche  di
settembre  ed  ottobre  2000",  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale
n. 288 dell'11 dicembre 2000.

                           Fatto e diritto

    1.  -  In  seguito  alle  note  calamita'  naturali, di carattere
idrogeologico,   che  hanno  interessato  aree  non  certo  marginali
d'Italia,  il  Governo  ha provveduto ad adottare il decreto-legge 12
ottobre  2000,  n. 279  recante  "Interventi  urgenti  per  le aree a
rischio  idrogeologico  molto  elevato  e  in  materia  di protezione
civile,   nonche'   a   favore  delle  zone  della  Regione  Calabria
danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche di settembre ed ottobre
2000".
    Per  quel  tanto  che  qui  rileva, giova osservare che il citato
decreto-legge,  oltre  a  contenere  una  serie  mirata di previsioni
relative ai fatti che l'hanno generato, si inserisce - integrandolo -
in  un  tessuto  normativo  stabile  che  comprende,  tra l'altro, il
decreto-legge  11  giugno 1998, n. 180 recante "Misure urgenti per la
prevenzione  del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite
da disastri franosi nella Regione Campania", convertito in legge, con
modificazioni,   dalla   legge   3 agosto  1998,  n. 267,  nonche'  -
soprattutto   -   la  legge  18  maggio  1989,  n. 183  e  successive
modificazioni,   avente   ad   oggetto   "Norme   per   il  riassetto
organizzativo e funzionale della difesa del suolo".
    2.  - Nel parlare di tessuto normativo stabile, si e' inteso fare
riferimento,  nel  caso,  a  un  complesso  di  disposizioni  dettate
puntualmente  in tema di rischio idrogeologico e di relativi vincoli.
    Sotto  questo  asptto, una volta individuato il punto centrale di
snodo  nella  legge n. 183/1989 sulla difesa del suolo, di disciplina
delle funzioni e dell'ambito soggettivo delle competenze (molte delle
quali  sono attribuite alle Regioni), guanto agli strumenti operativi
detta  legge  ne  determina il valore, le finalita' e i contenuti, in
specie  in  ordine al piano di bacino (art. 17), il quale puo' essere
redatto  e  approvato  per  stralci (ivi, comma 6-ter) e comportare -
nell'attesa   della  sua  approvazione  -  l'adozione  di  misure  di
salvaguardia (ivi, comma 6-bis) (questi commi sono stati aggiunti nel
1993; dall'art. 12 - riguardante "procedure per i piani di difesa del
suolo"   -   del   decreto-legge  5  ottobre  1993,  n. 398,  recante
"Disposizioni  per  l'accelerazione degli investimenti ed il sostegno
dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia
edilizia",  convertito  in  legge,  con  modificazioni, dalla legge 4
dicembre 1993, n. 493).
    E'  proprio  con  riferimento  a  simili  fattispecie  -  la  cui
rilevanza   e'   stata  posta  drammaticamente  in  luce  da  episodi
gravissimi  a  tutti  noti  -  che  il legislatore statale ha, con il
menzionato  decreto-legge  n. 180/1998  (in  occasione  di  calamita'
verificatesi   in   Campania),   dettato   una  serie  articolata  di
statuizioni  finalizzate  alla "prevenzione del rischio idrogelogico"
(cosi'  nell'intitolazione  dell'atto  normativo  primario)  e,  piu'
precisamente,  disciplinato  piani  stralcio e misure di salvaguardia
(cosi' nella rubrica dell'art. 1).
    E'  stato  previsto, infatti, che i "piani stralcio di bacino per
l'assetto   idrogeologico,   redatti   ai   sensi   del  comma  6-ter
dell'articolo  17  della  legge  18  maggio 1989, n. 183 e successive
modificazioni,   contengano  in  particolare  l'individuazione  e  la
perimetrazione  delle  aree  a  rischio  idrogeologico" e che debbano
essere  "comunque adottate le misure di salvaguardia con il contenuto
di  cui  al  comma 6-bis dell'articolo 17 della legge n. 183 del 1989
per  le  aree  a  rischio  idrogeologico"  (art.1, comma1). A cio' si
aggiunga  che "il Comitato dei ministri ... puo' individuare d'intesa
con  la conferenza permanente per i rapporti con lo Stato, le regioni
e  le province autonome, le zone a piu' elevato rischio idrogeologico
nelle  quali  la  maggiore  vulnerabilita'  del  territorio si lega a
maggiori  pericoli  per  le  persone,  le cose e i valori ambientali,
nonche' gli interventi piu' urgenti per la riduzione del rischio ed i
relativi soggetti attuatori" (art. 1, comma 2).
    Nell'ambito di una serie cosi' cospicua di beni giuridici, la cui
tutela  non  puo'  non  essere riservata in via principale allo Stato
(non  a  caso  sono  evocati  "gli organi di protezione civile" ed e'
imposta  la  redazione,  "per  le  aree  a rischio idrogeologico, [di
piani]  urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia
dell'incolumita'  delle popolazioni interessate...": art. 1, comma 4,
tuttavia  le  regioni  -  senza distinzione alcuna tra ordinarie e ad
autonomia  differenziata  - sono coinvolte attraverso l'"intesa" e la
"collaborazione"  (art.  1,  comma  2),  tramiti  indispensabili  per
attivare i rapporti intersoggettivi ("rectius" interordinamentali) di
cui  parlano i successivi disposti, riguardanti pure gli "enti locali
interessati"  (art.  1,  commi  3  e 5). Tutto cio' - si badi - senza
interferire  in  alcun  modo  sulle  materie  di competenza regionale
sull'ordinamento interno dei livelli substatali di governo.
    Prendendo  ad  oggetto il medesimo ambito materiale - vale a dire
le  "aree  a  rischio  idrogeologico  molto elevato", in occasione di
successive    calamita'   verificatesi   soprattutto   in   Calabria,
riguardanti  anche la Regione Friuli-Venezia Giulia: v. la tabella B,
allegata al decreto-legge, - con decreto-legge n. 279/2000 il Governo
ha  introdotto una serie ulteriore di disposizioni in tema di polizia
idraulica  (art.  2),  di  controllo  del teritorio (art. 3), oltre a
quelle  piu'  specificamente mirate alle calamita' calabresi, nonche'
disposizioni  riguardanti  le  "aree  a rischio idrogeologico" (cosi'
nella  rubrica  dell'art. 1).  Relativamente ad esse, e' previsto che
"le  misure  di  salvaguardia  per  le  aree  a rischio molto elevato
definite   nell'atto   di   indirizzo  e  coordinamento  emanato  per
l'individuazione   dei  criteri  relativi  agli  adempimenti  di  cui
all'articolo  1,  commi  1  e  2,  del  decreto-legge 11 giugno 1998,
n. 180,  convertito,  con  modificazioni  dalla  legge 3 agosto 1998,
n. 267,   e   successive   modificazioni,   di   seguito  denominato:
"decreto-legge n. 180 del 1998, si applicano", in via transitoria, a)
alle aree ricomprese nel limite di 150 metri dalle ripe o dalle opere
di  difesa  idraulica...;  b)  nelle  aree  ad  alta  probabilita' di
inondazione..." (art. 1, comma 1).
    Poco   importa   soffermarsi   su   quel  che  segue.  Qui  basta
sottolineare  - ancora una volta - che il legislatore non ha statuito
su  materie  di  competenza  regionale e sull'ordinamento interno dei
livelli substatali di governo, ivi compreso quello della regione.

    3.   -  Senonche',  in  sede  di  conversione  del  decreto-legge
n. 279/2000, la legge n. 365/2000 ha stabilito, tra l'altro:
      a)  termini  perentori  per  l'adozione  dei  progetti di piano
stralcio  per  la tutela del rischio idrogeologico (art. 1-bis, comma
1)  e  dei  piani  stralcio  per l'assetto idrogeologico (art. 1-bis,
comma  2);  la convocazione ("ai fini dell'adozione ed attuazione dei
piani  stralcio  e  della  necessaria  coerenza tra pianificazione di
bacino   e  pianificazione  territoriale")  da  parte  delle  regioni
interessate dalla applicazione del decreto-legge n. 365/2000 (dunque,
anche   della   regione   autonoma  Friuli-Venezia  Giulia)  di  "una
conferenza  programmatica,  articolata per sezioni provinciali, o per
altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alle quali
partecipano  le  Province  ed  i  comuni interessati, unitamente alla
regione e ad un rappresentante dell'autorita' di bacino" (art. 1-bis,
comma   3);   l'emissione,   ad   opera   della   citata   conferenza
programmatica,  di  un  parere,  il  quale  deve  prevedere anche "le
necessarie  prescrizioni  idrogeologiche ed urbanistiche" (art. 1-bis
comma  4),  parere di cui deve tenere conto il comitato istituzionale
(organo  dell'autorita'  di  bacino di rilievo nazionale, ex art. 12,
comma  2, lett. a), della legge n. 183/1989) "in sede di adozione del
piano"  (ivi); cio' che conta: che "le determinazioni assunte in sede
di  comitato  istituzionale,  a  seguito  di  esame  nella conferenza
programmatica,  costituiscono  variante  agli  strumenti urbanistici"
(art. 1-bis, comma 5);
      b)  testualmente (art. 2), che "nelle regioni danneggiate dalle
calamita'  idrogeologiche  di  cui  al decreto-legge 12 ottobre 2000,
n. 279,  convertito,  con  modificazioni,  nella  presente  legge,  a
decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore della medesima legge,
chiunque  voglia  operare  tagli  di  bosco, anche ceduo, in zone con
vincolo   idrogeologico   ai  sensi  delle  normative  vigenti,  deve
inoltrare  richiesta  al  sindaco  del  comune  si cio insiste l'area
sottoposta a taglio" (comma 1).
      che "il sindaco, dopo aver acquisito il parere della competente
commissione del comune, dell'Autorita' di bacino, del Corpo forestale
dello   Stato   competente   per   territorio,  della  sovrintendenza
competente  in  materia  di  beni  ambientali, nonche' della regione,
rilascia   nulla  osta  allo  svolgimento  dei  tagli,  indicando  le
prescrizioni di taglio" (comma 2).

    4.  -  Prima di delineare, secondo la logica propria del giudizio
di  legittimita'  costituzionale,  i  motivi  che  fanno  ritenere le
previsioni  della  legge statale n. 365/2000 poc'anzi richiamate (sub
3)  in  tutto o in parte non rispettose dell'autonomia riservata alla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia ricorrente, vale la pena di precisare
che  la  regione, per parte sua, ha gia' provveduto a disciplinare la
"materia  forestale"  anche  sotto  il  profilo ora considerato dalla
normativa dello Stato.
    Cio' e' accaduto, in primo luogo, con la legge regionale 8 aprile
1982,  n. 22, recante "Norme in materia di forestazione", all'interno
della   quale   trova  specifica  disciplina  "la  difesa  ambientale
idrogeologica"  (art. 1,  comma  1  nonche'  comma 2 lett. a), la cui
attuazione  deve avvenire, tra l'altro, "in armonia con le previsioni
del  piano  regionale  di sviluppo e del piano urbanistico regionale"
(art. 1 comma 3).
    La  piu'  compiuta  disciplina del "vincolo idrogeologico" (e' la
rubrica  dell'art. 7 della citata legge regionale n. 22/1982) risulta
ora  data dagli ulteriori aggiornamenti normativi dell'art. 7, dovuti
alle  leggi  regionali  n. 38/1996,  n. 6/1997  e, infine dalla legge
regionale, 13 novembre 2000, n. 20: la quale dispone anche in tema di
piano  urbanistico  regionale,di  strumenti  urbanistici  locali e di
vincolo  idrogeologico  (art. 1,  che introduce il comma 14 nel testo
dell'art. 7 della legge regionale n. 22/1982).
    Inoltre  -  ed e' circostanza decisiva nell'ambito della presente
controversia  -,  giova  osservare  che  il  titolo  III  della legge
regionale n. 22/1982 detta norme puntuali circa "attribuzioni, moduli
organizzativi  e procedimentali": tant'e' che l'art. 28 - primo della
serie  -  fissa  il nuovo ordine di competenze, in materia di vincolo
idrogeologico  appunto,  prevedendo che "tutte le funzioni esercitate
dalle  camere  di commercio, industria e agricoltura della regione in
materia  forestale  e  di  vincolo  per  finalita'  idrogeologiche o,
comunque,   connesse   con   la   sistemazione   idrogeologica  e  la
conservazione  del  suolo spettano, a far tempo dalla data di entrata
in  vigore  della  presente  legge,  alla  direzione  regionale delle
foreste"  (cosi'  al comma 1, cui seguono commi ulteriori riguardanti
sempre il campo delle competenze in "subiecta materia" che qui non e'
affatto necessario menzionare).

    5.  Se,  dunque, questo e' lo "status quaestionis", ne deriva, in
modo puro e semplice, un duplice ordine di conclusioni: per un verso,
si puo' affermare che l'autore della legge di conversione n. 365/2000
sembra  non  aver  neppure  avvertito la presenza di una legislazione
regionale  confliggente  con le proprie determinazioni normative; per
altro verso, si deve constatare che l'art. 1-bis (ex art. 1) e l'art.
2  della  legge  statale  sono  in  radicale contrasto con specifiche
prerogative    costituzionali   spettanti   alla   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia.
      a) Quanto all'art. 1-bis (introdotto in forza dell'art. 1 della
legge  di  conversione  n. 365/2000),  va dichiarata l'illegittimita'
costituzionale  del  comma  5,  secondo  cui - come si e' visto - "le
determinazioni  assunte  in sede di comitato istituzionale, a seguito
di  esame nella conferenza programmatica, costituiscono variante agli
strumenti urbanistici".
    Infatti,  ai sensi dell'art. 4. n. 12, dello Statuto di autonomia
(approvato  con  legge costituzionale n. 1/1963), la regione dispone,
in  materia  di  urbanistica,  di  una potesta' legislativa primaria,
dovendo  la  stessa  essere  "in  armonia  con la Costituzione, con i
principi  generali  dell'ordinamento  giuridico  dello  Stato, con le
norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi
internazionali dello Stato".
    Non  e'  necessario  spendere  molte  parole  per chiarire che il
disposto   della   legge   dello   Stato,   della   cui  legittimita'
costituzionale  qui  si  dubita,  nel  prefigurare moduli procedurali
dati,  determinazioni contenutistiche, partecipazioni soggettive alla
procedura  disciplinata  e  conseguenti  effetti,  altro  non  fa che
prefigurare   un  disegno  opinabilissimo,  condizionato  da  idee  e
valutazioni  del tutto contingenti": valutazioni che si sostituiscnno
a  quelle  gia'  operate dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
attraverso  la propria legislazione urbanistica e con quella poc'anzi
ricordata, concernente la difesa ambientale idrogeologica.
    In  breve - e a scanso di equivoci - puo' essere legittimo che lo
Stato  imponga  alla  regione  di  coordinare  le  scelte  del  piano
regionale di sviluppo, del piano urbanistico regionale e della difesa
ambientale idrogeologica; ma non puo' essere consentito allo Stato di
provvedere  esso stesso, direttamente, ad effettuare il coordinamento
richiesto,  che  implica valutazioni politiche, fattuali e giuridiche
riservate  alla  regione  alla quale spetta quindi, e non allo Stato,
stabilire  se talune "determinazioni" assunte da dati organi con date
procedure,   debbano  costituire  o  meno  "varianti  agli  strumenti
urbanistici".
      b)   Quanto   all'art. 2   della  legge  n. 365/2000,  esso  va
dichiarato costituzionalmente illegittimo nella sua interezza.
    Tale  articolo, infatti, introduce nell'ordinamento della regione
procedure  nuove  e  trasferisce  -  relativamente alla materia delle
foreste,  nei settori del vincolo idrogeologico e del taglio boschivo
- competenze a soggetti diversi da quelli individuati dal legislatore
regionale,  in  modo  particolare con l'art. 28 della legge regionale
n. 22/1982.
    Sotto  questo  aspetto,  l'art.  2  e'  in evidente contrasto con
quanto  dispone  l'art.  4, n. 2 dello Statuto di autonomia, il quale
riserva  alla  regione  una  potesta'  legislativa primaria nel campo
delle foreste.
    Ma  contrasta altresi' - il medesimo articolo della legge statale
-  con  l'art.  4,  n. 1),  dello  Statuto, dal momento che, variando
l'ordine  delle  competenze, incide su quelle degli uffici regionali,
che  debbono essere fissate - come sono state fissate - dalla regione
ricorrente.
    Considerata,  poi,  la variazione di competenze cosi' disposta, a
favore del "sindaco" e di una "competente commissione del Comune", ne
consegue  pure  la violazione dell'art. 4, n. 1 bis, dello Statuto di
autonomia,   che  attribuisce,  sempre  alla  Regione,  una  potesta'
legislativa  primaria  in  tema  di ordinamento degli enti locali: le
competenze  dei  cui  organi sono stabilite - com'e' noto - sia nella
legge generale sia nelle (inevitabili) leggi di settore.
      c)  inutile  dire,  che  l'unilaterale invasione delle sfere di
attribuzioni    legislative    spettanti    alla   regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  pregiudicante l'ordine delle competenze, la'
dove  interferisce  sull'assetto organizzativo, oltre a collidere con
le  specifiche  previsioni  dello  Statuto  poc'anzi ricordate, e' in
contrasto,   altresi',   con   l'art.   97  Costituzione,  in  quanto
suscettibile   di   incidere   sul   "buon   andamento"   dell'azione
amministrativa:  il  che  concorre  a  produrre  una  violazione pure
dell'art.  8  dello Statuto regionale, relativo appunto all'autonomia
amministrativa.